L’opera è probabilmente collegata al trasferimento in Lucania di frate Angelo Clareno, uno degli esponenti di punta dei francescani spirituali, legato alla corte angioina.
L'arrivo in Basilicata di pittori “giotteschi” è sintomo preciso di come, a partire dagli anni trenta del trecento, gli echi della presenza a corte di artisti, come Pietro Cavallini, Simone Martini o lo stesso Giotto, iniziassero a raggiungere anche il territorio lucano. Il nuovo linguaggio artistico riesce ad incrinare per la prima volta in modo sostanziale la tradizione orientale degli affreschi delle chiese rupestri materane; in una di queste, Santa Lucia alle Malve, compare un frammento attribuito al maestro delle tempere francescane.